MILANO – Tim festeggia con un rialzo del 3,1% l’arrivo della seconda offerta di Cdp e del fondo Macquarie per la rete sua infrastruttura di rete, ovvero un veicolo detto Netco che racchiude la rete primaria, la rete secondaria di Fibercop e i cavi sottomarini di Sparkle.
Per vie diverse sia Cdp, che con Open Fiber ha importanti sinergie da realizzare, sia Kkr che aveva promosso un’offerta lo scorso febbraio ed è già azionista della Netco via Fibercop (di cui ha il 37,5%) le due offerte valutano Netco 18 miliardi, che per gli analisti è una base per negoziare un’offerta vincolante migliore.
La proposta di Cdp e Macquarie
L’offerta della Cassa porta nelle casse di Tim 15,4 miliardi di euro (il resto va al 42% di Fibercop che ha un valore d’impresa di 9,5 miliardi) ma comprende già le sinergie che potrebbero realizzarsi con una successiva fusione tra Tim e Open Fiber (60% Cdp e 40% Macquarie). Cdp è anche fiduciosa di passare il vaglio dell’Antitrust Ue ed è pronta assorbire i rischi degli eventuali rimedi che dovrebbero essergli imposti, senza pregiudicare né la sua offerta per l’azienda né il suo perimetro. Cdp e il fondo australiano si impegnano poi a mantenere i 20mila dipendenti della Netco. Molti analisti fanno notare però come con l’incasso di 15,4 miliardi, la società dei servizi che brucia cassa, dovrebbe farsi carico di troppi dipendenti (i restanti 20 mila) e troppi debiti (circa 8 miliardi). Tim nel suo piano aveva stimato che dopo la vendita della rete la ServiceCo avrebbe avuto solo 5 miliardi di debiti. Infine l’offerta lascia la porta aperta a Kkr: è valida solo se il fondo Usa cede il suo 37,5% di Fibercop o investirà in minoranza al fianco del tandem Cdp-Macquarie.
E l’offerta rivale del fondo Usa Kkr
L’offerta di Kkr – dove ci sono più margini di rilancio – sarebbe invece meno garantista sull’occupazione e sul contratto di affitto della rete da praticare alla futura società dei servizi, riconosce 2 miliardi di contanti in meno subito, ma un futuro premio di 2 miliardi in caso di fusione con Open Fiber. Solo che il fondo Usa vuole avere la maggioranza del capitale e il governo – che ha il potere di veto – potrebbe non accontentarsi di un ruolo dirimente solo su temi di sicurezza e governance.
La parola passa al consiglio di Tim
Intanto l’offerta di Cdp (che ha il 9,9% di Tim) dovrà passare dal vaglio di un comitato parti correlate, che in maggioranza è composto da consiglieri critici sul conflitto che ha la Cassa, come socio di maggioranza di Open Fiber. Ciò detto il parere del comitato non è vincolante. È probabile quindi che il cda di Tim del 15 discuta dell’opportunità di aprire anche a Cdp la fase di scambio di informazioni, a cui sta già lavorando Kkr, cercando di massimizzare il ritorno delle due offerte. Detto questo, per gli advisor di Tim 18 miliardi sarebbero un prezzo nella parte bassa delle valutazioni, per un’infrastruttura unica e irripetibile. Per questo, qualcuno non esclude che Vivendi – primo socio di Tim con il 23,8% e per cui la rete vale 31 miliardi – potrebbe appoggiare un’Opa su Tim promossa da alcuni fondi, come in passato aveva provato a fare Cvc, per valorizzare poi i singoli asset ritagliandosi un ruolo industriale sui servizi e garantendo al governo il controllo di un’infrastruttura sensibile per il Paese, ©RIPRODUZIONE RISERVATA
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