MILANO – Adeguamento in vista, con marzo, per gli assegni della pensione. Anche chi prende oltre 4 volte il minimo, ovvero 2.101,52 euro, vedrà crescere l’accredito da parte dell’Inps con un meccanismo a “calare” ma che consente di agganciare almeno in parte il passo dell’inflazione. E, considerando che sono in arrivo anche gli arretrati dei primi due mesi dell’anno, si può trattare di un accredito “straordinario” per i percettori.
Perequazione piena fino a 2.101,52 euro
Lo scaglionamento dell’adeguamenti ai prezzi è un esito della legge di Bilancio per il 2023, che ha imposto un taglio alla crescita per i trattamenti più pesanti con l’obiettivo di risparmiare risorse. La cosiddetta perequazione delle pensioni è stata riconosciuta in misura piena (100%) solo per gli assegni fino a quattro volte il minimo. Per questi è già scattato l’aumento del 7,3%, valore per altro che era stato adottato in via provvisoria. L’Istat ha poi certificato che i prezzi sono saliti dell’8,1% nel corso del 2022: la differenza, in positivo per i pensionati, verrà recuperata con l’adeguamento del prossimo anno.
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Gli aumenti per gli assegni superiori
Per chi prende più di quattro volte il minimo, è subentrato un meccanismo a calare. La rivalutazione del 7,3% non viene infatti applicata interamente: si applica nella misura dell’85% per le pensioni tra quattro e cinque volte il minimo (quindi il tasso risulta del 6,205% per gli assegni lordi di 2,101,53-2.626,90 euro mensili); poi si scende al 53% (quindi al 3,869% di rivalutazione) per i cedolini tra le cinque e le sei volte il minimo (da 2.626,91 a 3.152,28 euro); e ancora al 47% (rivalutazione del 3,431%) se si prendono tra le sei e le otto volte l’importo minimo (quindi si sta nella fascia tra 3.151,29 e 4.203,04 euro); al 37% (rivalutazione del 2,701%) fino a dieci volte il minimo (fascia che arriva a 5.253,80 euro) e infine si crolla al 32% (rivalutazione del 2,336%) per chi supera i 5.253,81 euro al mese, ovvero dieci volte il minimo. Vista la differente rivalutazione per fasce, ci sono anche delle “fasce di garanzia” che stoppano la beffa di vedere finire il proprio assegno a una cifra inferiore del massimo previsto dalla fascia precedente. In questo caso, infatti, si assicura la rivalutazione della fascia precedente, se favorevole.
Era stato lo stesso Istituto della previdenza, con una circolare del 10 febbraio, a ricordare modalità e tempi della rivalutazione. Nel documento, firmato dal direttore generale Vincenzo Caridi, si chiariva che l’importo rivalutato sarebbe stato messo in pagamento “dalla mensilità di marzo, unitamente agli arretrati delle mensilità di gennaio e febbraio”.
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Le imposte di marzo
Gli aumenti così descritti sono ovviamente al lordo del prelievo fiscale. Se si calcola l’incidenza delle imposte, che cresce con l’aumentare dell’assegno, si hanno benefici netti che arrivano fino al 6,5% per gli assegni lordi intorno ai 2mila euro, ovvero con rivalutazione piena. Ricorda l’Inps che sul rateo di marzo vengono prelevate oltre alle ritenute Irpef a titolo di acconto anche le addizionali regionali e comunali relative al 2022, ritenute effettuate in 11 rate nell’anno successivo a quello cui si riferiscono. Le prestazioni di invalidità civile, le pensioni o gli assegni sociali, le prestazioni non assoggettate alla tassazione per particolari motivazioni (detassazione per residenza estera, vittime del terrorismo) non subiscono invece trattenute fiscali.